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Introduzione alla comunicazione d'impresa

La veritā non si dā mai il caso di dirla, come quando la si inventa.

Pirandello


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Socrate muore nel 399 A.C., condannato a morte perché accusato di empietà e di corrompere i giovani con i suoi insegnamenti. Il grande filosofo ateniese non lascia alcun documento scritto del suo insegnamento perché convinto della superiorità della tradizione orale. In quell'epoca, infatti, spesso, la parola dei saggi veniva tramandata oralmente; è noto che ogni giovane ateniese istruito conosceva l'Odissea a memoria. Peraltro, leggendo i dialoghi di Platone, Apologia e Critone, si comprende che la mancanza di testimonianze scritte del pensiero socratico furono certamente una causa del successo degli accusatori del filosofo.
Non essendo in possesso di alcun scritto di Socrate siamo costretti a ricorrere ad una costellazione di testimonianze indirette, la cui lettura risulta estremamente problematica. Nelle testimonianze lasciate su Socrate da Platone, ad esempio, risulta difficile sceverare il platonico dal non platonico. Inoltre la mancanza di testimonianze scritte autorizzò le varie e diverse correnti filosofiche successive a rifarsi agli insegnamenti del "maestro".

Platone, suo allevo, ci ha lasciato un'ampia testimonianza scritta del proprio pensiero, anche se  in alcune opere, egli dichiara di non aver messo negli scritti l'impegno dispiegato nell'oralità dialettica.
Secondo Platone chi mette per iscritto tutti i propri pensieri non è filosofo. Egli sostiene che «il filosofo non scrive i concetti di maggior valore nei rotoli di carta, ma nelle anime degli uomini che egli ritiene idonei a comprenderli, a farli vivere e crescere nella propria anima e a diffonderli». Per l'uomo moderno, nato e cresciuto nell'ambito della cultura scritta, la lettura dell'opera di Platone non può essere compresa da chi non cerca di entrare in un complesso circolo ermeneutico.

Aristotele, allievo di Platone fu uomo eclettico e concreto; per la sua gloria futura sarebbe bastato l'aver eretto a sistema la logica e l'etica e l'aver realizzato un quadro preciso e gerarchico del mondo animale. Eppure, per scrivere il trattato La Politica, mirato all'individuazione della migliore forma di governo, egli fa un lavoro gigantesco: studia, con la collaborazione dei discepoli, la costituzione di 158 città greche. Con realismo riconosce che non esiste una costituzione ideale in sé, ma non si rifugia, come fa Platone nell'utopia, e sostiene che il miglior governo potrebbe essere una democrazia moderata che riservi le funzioni direttive ai più competenti, nel rispetto dell'uguaglianza politica.
Questo filosofo, amico di Filippo e di Alessandro, ci ha, inoltre, lasciato trattati sulla retorica, sulla poetica e sulla politica. Sappiamo tutto sul suo pensiero che ha influenzato la cultura occidentale, dallo stoicismo al cristianesimo, dalla scolastica al naturalismo, fino a Kant.

Perché soffermarci sulla storia dei tre più grandi filosofi dell'antichità? Perché ognuno di essi aveva un criterio diverso di comunicare il proprio pensiero, modalità che influenzerà notevolmente la capacità di assimilare tale pensiero da parte dei posteri.

Per un approfondimento del tema sulla comunicazione si rimanda al seguente successo editoriale. Comunico quindi esisto.
Lasciare all'intelligenza e alla sensibilità degli altri il compito di approfondire e diffondere, nel caso di Socrate.
Sviluppare un canovaccio scritto di princìpi, ma lasciare alle anime degli uomini la comprensione dei concetti più profondi, nel caso di Platone.
Lasciare un'immensa testimonianza scritta, avendo, forse, la consapevolezza che gran parte di quel lavoro sarebbe andato perduto (1), nel caso di Aristotele.
Più di duemila anni fa già si discuteva sulle modalità della miglior Comunicazione: esoterica, essoterica, ontologica, orale, scritta?

Filosofi e sociologi si servono oggi del termine Comunicazione (2) per designare il carattere specifico delle relazioni umane definite come rapporti reciproci di partecipazione e di comprensione. Pertanto, il termine è sinonimo di "coesistenza", di "vita con gli altri", di "conoscenza condivisa" e indica l'insieme dei modi specifici in cui la coesistenza umana può concretizzarsi. La conoscenza condivisa, talvolta, può includere interessi e punti di vista contrastanti, cosa che può portare al conflitto, ma anche soggetti confliggenti hanno necessità di comunicare reciprocamente e ciò può proprio portare ad accordarsi sul non essere d'accordo.
Le prime definizioni di Comunicazione sono state introdotte dai sociologi; ad esempio, N. E. Miller afferma, con una definizione molto ampia, che la Comunicazione rappresenta il passaggio di informazioni da un luogo ad un altro e che diverse sono le componenti necessarie perché essa si attui.

  • Sorgente. Crea l'informazione e decide a chi mandarla.
  • Mittente. È chi realmente invia l'input (ad esempio una stazione radiofonica).
  • Messaggio. Rappresenta il contenuto intrinseco dell'informazione.
  • Codice. È il sistema di riferimento di cui è necessaria la conoscenza per tutte le componenti del processo comunicativo.
  • Canale. È il mezzo usato per l'invio degli input (cavi telefonici, onde elettromagnetiche, aria).
  • Ricevente. È il mezzo che realmente riceve la comunicazione (radio, televisione, fax).
  • Destinatario. È il soggetto cui è destinata l'informazione.

La Comunicazione è molto antica e ha preso le mosse dalla forma più elementare della comunicazione umana: l'oralità.
Nell'antichità classica la retorica (lo studio e l'arte dell'eloquenza) fiorisce nei centri del sapere (Atene, Roma, Costantinopoli, Alessandria), forgiando i giovani destinati a governare le sorti dei popoli. Fin dalla nascita delle prime comunità, infatti, l'arte di comunicare e persuadere è stata vitale per i detentori e per i sostenitori del potere.
Nel sistema universitario europeo la tradizione e la cultura retorica attraversa tutto il medioevo fino al rinascimento e all'età barocca.
Nel cinquecento, con la nascita della stampa tipografica a caratteri mobili e successivamente, con l'uscita dei primi giornali, la Comunicazione fa un enorme salto di qualità coinvolgendo strati di popolazione che, fino ad allora, erano stati esclusi dalla cultura scritta.
All'inizio del ventesimo secolo iniziano ad essere pubblicati, in ambito sociologico e giornalistico, lavori che introducono il concetto di media e di comunicazione di massa.

Si scopre che la Comunicazione è un fenomeno condiviso da tutti gli esseri viventi, infatti anche gli animali comunicano, all'interno della propria specie e con specie diverse (anche con l'uomo) e i botanici sostengono che anche le piante comunicano (con il profumo ed il colore dei fiori, ad esempio).

Secondo i sociologi, la Comunicazione, come elemento primo dei rapporti umani, delimita la sfera di tali rapporti a quelli nei quali è sempre presente un elevato grado di libera partecipazione. Heidegger introduce un significato più ampio asserendo che «La Comunicazione realizza la partecipazione ad una situazione emotiva comune e la comprensione propria dello stare insieme».

L'uomo è caratterizzato dal fatto di aver introdotto una fondamentale innovazione nel potenziale comunicativo, la capacità di sviluppare e utilizzare una tipologia particolare di segni (3): i simboli.


(1) Della mole di scritti del filosofo possediamo, infatti, solo gli scritti esoterici destinati agli allievi, spesso semplici appunti o gruppi di schede.

2) Deriva dal latino communicare (condividere, rendere comune).

(3) La scienza dei segni si chiama semiotica .


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