La caratteristica peculiare di un piano è l'individuazione di tutti i possibili obiettivi aziendali e la scelta delle priorità; il principio utilizzato dall'azienda eccellente non può che essere stakeholder based e i riferimenti per il piano non possono che essere la mission e la vision aziendali.
La pianificazione aziendale deve partire da una bozza di piano poliennale, per il quale potrebbero essere utili i seguenti criteri.
- Realizzare una griglia di obiettivi e di azioni attraverso "istruttorie" condotte con gli stakeholder o tenendo conto delle loro esigenze.
- Analizzare la griglia degli obiettivi, al fine di riportare nel piano solo quelli che la leadership ritiene realmente importanti.
- Raggruppare obiettivi e azioni per affinità (in precedenza aggregati per fonte).
- Strutturare gli obiettivi; quelli di livello gerarchico superiore devono includere quelli di livello inferiore e quelli relativi agli effetti devono essere correlati a quelli relativi alle cause.
- Posizionare razionalmente gli obiettivi sulla scala temporale, attraverso adeguate correlazioni causali.
- Arricchire e affinare i contenuti raccolti.
- Posizionare in modo razionale obiettivi e azioni nell'articolazione formale del piano.
- Cercare di concretizzare gli obiettivi in termini di indicatori numerici.
Il piano poliennale va considerato un riferimento per la pianificazione delle attività, un insieme di ipotesi che diventeranno realtà solo nel momento in cui obiettivi e relative azioni saranno introdotti nel piano annuale. Fino a quel momento esso deve costituire solo la fonte a cui attingere e ispirarsi per definire dove potrebbe andare l'impresa nei successivi tre-quattro anni. Nell'elaborazione del piano si dovrà evitare che esso sia il prolungamento analitico del passato; esso non si baserà sui trend, ma dovrà avere un impatto sull'impresa tale da determinare un miglioramento sensibile rispetto ai risultati tendenziali prevedibili. Esso non è un budget, non è un forecast plan, non è un business plan.
Il piano potrebbe essere articolato in quattro sezioni: obiettivi di business, obiettivi di capacità, obiettivi di breakthrough, principali attività previste.
Obiettivi di business. Questa sezione potrebbe comprendere: gli obiettivi economico-finanziari, gli obiettivi strategici che sono quelli di rilevanza con un orizzonte di almeno tre-quattro anni, gli obiettivi di customer satisfaction, gli obiettivi specifici del primo anno che sono più articolati di quelli poliennali e più dettagliati dal punto di vista quantitativo.
Obiettivi di capacità. Cioè tutti gli obiettivi di carattere organizzativo, culturale e tecnico emersi durante le istruttorie; si tratta di obiettivi riguardanti le future capacità dell'azienda.
Obiettivi di breakthrough. Sono obiettivi molto sfidanti ed estremamente importanti per il mantenimento della competitività aziendale; si tratta di una semplice trasposizione di obiettivi riportati in altre sezioni ed evidenziati per avere una visione d'assieme delle priorità gestionali per ciascun anno.
Principali attività previste. La sezione contiene ipotesi delle iniziative e delle azioni che dovranno essere attivate per perseguire gli obiettivi di piano. Esse sono già state individuate nei processi di istruttoria e vengono portate all'operatività (i cosiddetti piani operativi) nel piano annuale.
A valle del piano poliennale va elaborato il piano annuale; si procede pertanto ad una valutazione critica di quanto previsto nel piano poliennale per decidere se gli obiettivi previsti siano ancora prioritari o se l'impresa debba rivolgersi verso altri aspetti.
La definizione delle priorità è l'aspetto più delicato che compete alla leadership nel processo di pianificazione imprenditoriale; è il momento della massima assunzione di rischio da parte dell'imprenditore. Una procedura da preferirsi è quella di individuare prima le priorità e poi elaborare i piani annuali, in modo da non correre il rischio di inserire troppi obiettivi e di volerli realizzare tutti.
L'esperienza dell'autore prova che spesso l'imprenditore, per non aver affrontato con sufficiente realismo il problema delle priorità, si trova impegnato ad affrontare troppi obiettivi, ritenuti tutti strategici, perdendo in efficacia ed efficienza. Un altro rischio connesso con un piano ridondante è che, all'atto pratico, gli obiettivi vengano tutti ridotti indiscriminatamente di una certa percentuale, perdendo ancora in efficacia e in efficienza.
6.12 Il deployment dei piani
Una volta definite le priorità la leadership deve procedere al loro deployment, cioè all'individuazione delle leve attuative che meglio garantiscono la loro implementazione, e all'impostazione del sistema gestionale ad esse finalizzato; si tratta di costruire il ponte tra pianificazione e operatività, il deployment è, infatti, il processo finalizzato all'individuazione delle modalità con cui perseguire gli obiettivi individuati.
Il deployment degli obiettivi prioritari, in generale, può fare riferimento a diverse leve attuative.
Nel caso di progetti speciali (nuova fabbrica, nuovo processo di produzione) le leve attuative saranno la pianificazione del progetto e la definizione delle modalità gestionali.
Per i progetti riorganizzativi si tratta di impostare metodologie di business process reengineering; nel riquadro che segue sono mostrati i principi generali per un progetto riorganizzativo.
Organizzazione per processi
Priorità ai processi primari
Individuazione responsabilità di processo
Organizzazione dei processi di supporto al servizio dei processi primari
Decentramento (ai livelli più bassi) dei processi di supporto
Organizzazione snella
Riduzione dei livelli gerarchici
Riduzione del frazionamento orizzontale lungo il processo
Ampliamento delle responsabilità
Micro-organizzazione
Arricchimento delle mansioni
Allungamento delle mansioni
Flessibilità dei ruoli lungo il processo
Eliminazione di attività senza valore aggiunto
Cultura manageriale
Priorità gestionale ai flussi-processi
Responsabilità globali di flusso
Deleghe operative e decisionali
Livelli di autorità coerenti con i livelli di responsabilità
Stimolazione di comportamenti imprenditoriali
Valorizzazione delle risorse soft rispetto alle risorse hard.
I principi specifici sono relativi ai singoli processi di business; esistono infatti principi organizzativi per la fabbricazione, per lo sviluppo di nuovi prodotti, per la distribuzione, per gli approvvigionamenti. Questi saranno, di fatto, approcci del tipo dei principi organizzativi generali, visti nel riquadro, personalizzati per i processi specifici.
Per gli obiettivi da gestire in linea (miglioramento delle prestazioni di attività agendo su modalità aziendali consolidate) si ricorre alla metodologia del breakthrough management. Questa metodologia prevede le seguenti attività.
- Assegnare le giuste responsabilità operative.
- Individuare i target e gli indicatori operativi più adatti.
- Gestire le priorità giorno per giorno.
- Presidiare a vista gli indicatori degli obiettivi prioritari.
- Individuare i colli di bottiglia.
- Gestire adeguatamente i colli di bottiglia.
Per le iniziative (un programma di potenziamento, un programma di miglioramento della qualità) si ricorre, generalmente, a logiche e modalità che sono nel patrimonio aziendale.
Le leve realizzative individuate vanno combinate con le forme organizzative più adatte per gestirle, individuabili in quattro tipologie.
- Incarichi individuali; la responsabilità di un progetto speciale viene affidata, in generale, ad una sola persona.
- I gruppi di progetto; da tre a sette persone, in genere scelte tra diverse funzioni, possono essere individuate per un programma di miglioramento. Esse si riuniscono con una certa cadenza, nominano un responsabile e terminano il loro lavoro entro cinque-sette mesi, pena il decadimento dell'efficacia del progetto. Quando il progetto affronta temi tecnici si utilizzano metodologie problem solving secondo il processo logico pdca, se si affrontano temi riorganizzativi si dovrebbe utilizzare l'approccio del business process reengineering.
- I gruppi di studio, sono costituiti dai migliori quadri dell'impresa, quasi sempre interfunzionali. Vengono attivati quando non è chiaro il deployment di un obiettivo e occorre un'istruttoria per deciderlo. La durata di questi gruppi dovrebbe essere mantenuta nell'ordine del mese.
- Le responsabilità di linea; nell'ottica del breakthrough management è utile che i target operativi affidati alla linea vengano affrontati con i sistemi di miglioramento gestiti a vista. Una delle modalità più efficaci è quella dei sistemi sedac (structure for enhancing daily activity with creativity) che vengono utilizzati per migliorare performance di attività esistenti operando sul miglioramento delle modalità operative già utilizzate dall'azienda.
Una volta definiti il deployment e i sistemi gestionali per il conseguimento dei target prioritari la leadership dovrà adottare adeguati sistemi di monitoraggio come i ben noti gantt, pert o master sedac.
6.13 L'immagine e l'identità
L'immagine aziendale è come l'impresa vuole essere vista e percepita da terzi. Ciò comporta, da parte della leadership, dare risposta a due domande.
- Come ci vede oggi il mondo esterno.
- Cosa dobbiamo fare perché il mondo esterno ci veda come vorremmo ci vedesse.
componenti che influenzano l'immagine esterna sono sostanzialmente tre:
- Il comportamento di ciascun collaboratore nei riguardi dell'esterno; le attività dei collaboratori siano esse attività di contatto con la clientela, o attività di ricerca, o di fatturazione, o di segreteria, tutte influiscono sull'immagine dell'impresa. L'abbigliamento dei venditori, la velocità e il garbo della centralinista, la facilità nell'essere messo in contatto con la persona cercata, la cura nella confezione dei pacchi, le modalità nello svolgimento dell'attività di recupero crediti, sono tanti piccoli tasselli che concorrono alla formazione dell'immagine di un'impresa. Nel collaborare alla creazione dell'immagine tutti dovrebbero ricordarsi che, in ultima analisi, non è l'imprenditore a pagare gli stipendi, ma il cliente.
- Il design. E' rappresentato dal logo dell'impresa, dalla piacevolezza e dalla facilità di lettura dei cataloghi, delle brochure, del sito web, dallo stile di progettazione del prodotto, dall'edificio dell'azienda, dall'ambiente di lavoro.
- La comunicazione. Sulla comunicazione, quale mezzo per manifestare l'immagine aziendale, esiste una vasta letteratura (Ivancic, 1998). Si può aggiungere, forse, che oggi la quantità di informazioni che si riversa sulla scrivania e sul computer di chi lavora è enorme, contestualmente, si dedica poco tempo alla lettura. Le comunicazioni agli stakeholder, pertanto, devono essere brevi, precise, curate nei particolari e stimolanti.
La leadership deve avere sempre presente questi tre principi.
- L'immagine è un fattore decisivo sul mercato.
- L'immagine di un'azienda cresce più per la qualità delle componenti intangibili che per il valore intrinseco dei prodotti.
- L'immagine di un'azienda fa parte del prodotto, migliore è l'immagine, migliore è il prodotto.
In sintesi l'immagine deve essere chiarissima, deve cioè mettere in rilievo che l'eccellenza dell'impresa si fonda su competenze distintive essenziali per il segmento di clientela scelto. La creazione dell'immagine si basa su prove che hanno suscitato testimonianze da parte dei clienti; si tratta quindi di gestire queste prove. Un'accorta gestione dell'immagine viene confermata, sia dalla fierezza dell'appartenenza che mostrerà il personale, sia dal compiacimento o dall'orgoglio dei clienti di essere serviti da quell'impresa.
L'immagine deve, infine, poter sfumare nell'identità aziendale e cioè nella sua anima e nel suo cuore, nell'allineamento di tutti agli obiettivi dell'impresa e nel conseguente impegno comune verso il perseguimento della vision, della mission e dei valori aziendali.
6.14 La creatività
In un sistema informativo passivo (cioè organizzato dall'esterno), è corretto affermare che ogni idea è logica a posteriori; non così in un sistema informativo attivo (cioè auto-organizzato) nel quale un'idea può essere perfettamente logica a posteriori ma inaccessibile alla logica a priori.
Il pensiero creativo è una tecnica che sta sempre più prendendo piede, specie in Usa e in Giappone, con grandi risultati; la creatività è uno dei pilastri dell'impresa eccellente, pertanto l'argomento verrà approfondito nel seguito.
Qui ci si limita a constatare che una delle responsabilità della leadership è fare in modo che la creatività abbia le più ampie possibilità di svilupparsi in azienda.
Per il conseguimento di questo obiettivo il leader dovrà liberarsi da alcuni comuni stereotipi come,
- la creatività è frutto di un talento appannaggio di pochi eletti,
- la creatività va lasciata ai dipartimenti di R&S, nei quali alcuni individui sono liberi di gingillarsi sperando che, in qualche modo, emerga prima o poi un'idea,
- è sufficiente rimuovere inibizioni e ostacoli perché una persona diventi creativa,
- il brainstorming, dove ognuno può sparare alla cieca qualsiasi idea, è l'unico strumento per far lievitare la creatività aziendale,
- il pensiero creativo deve essere folle e assolutamente non convenzionale,
- l'idea creativa nasce dalla fortuna,
e studiare le più moderne tecniche che consentono di sfruttare nel modo migliore l'intelligenza dell'uomo e il potenziale del suo pensiero creativo.
6.15 L'aggiornamento
Poche righe sopra abbiamo fatto la considerazione che, presi dal vortice della quotidianità, abbiamo poco tempo per leggere e quindi per riflettere.
Eppure una delle caratteristiche dell'impresa eccellente sta nel livello di aggiornamento di tutti gli stakeholder, primo fra tutti del leader; se questi non si rende conto di persona della necessità dell'aggiornamento, che non può limitarsi al learning by doing, non potrà neanche convincere i suoi collaboratori.
Se il leader è stato in grado di creare una struttura di stakeholder efficace, efficiente, affiatata e coesa negli obiettivi, sarà sempre meno coinvolto nell'attività quotidiana e potrà pertanto dedicare il suo tempo all'osservazione dell'orizzonte imprenditoriale, dicono in Usa potrà fare l'helicopter man. Ciò significa aggiornamento personale, partecipazione a conferenze di alto livello, coinvolgimento nelle iniziative delle associazioni di categoria e camerali. A cascata anche i suoi collaboratori saranno invogliati all'aggiornamento e al miglioramento professionale, in un circolo virtuoso: soddisfazione personale, miglioramento delle prestazioni, soddisfazione del cliente.
6.16 L'armonia tra la sfera interiore e il mondo esterno
Questa responsabilità che compete al leader sembrerebbe essere un elemento esterno ai problemi aziendali e al rapporto con gli stakeholder; in realtà non lo è. Il leader dovrebbe metabolizzare questo detto «Non sono insostituibile e la terra continua a girare anche senza di me (6) ». Pochi sanno quanto le turbolenze e i conflitti interiori, le insoddisfazioni, le depressioni, i sensi di colpa, la paura di non farcela appaiano all'esterno e possano determinare, nell'interlocutore, stili regressivi di fuga (elusività, remissività) o di attacco (autocratico, aggressivo) e quindi situazioni difficili ai fini di stabilire un rapporto equilibrato.
Se il leader riesce a trovare condizioni di vita (nelle dimensioni del benessere fisico, materiale, emozionale, intellettuale, sociale, spirituale), che si adattino alla sua personalità e alle sue possibilità, riuscirà a vivere in armonia con se stesso, e quindi anche con il mondo esterno e sarà in grado di gestire, in modo ottimale, la propria impresa, specie se essa poggia sulla creazione, sul mantenimento e sullo sviluppo di relazioni con il mondo esterno.
Uno degli strumenti per raggiungere uno stato di armonia tra la sfera interiore e il mondo esterno, quella che gli anglosassoni chiamano il well-being, è la pianificazione del tempo. Non esistono regole che possano aiutare molto nella realizzazione di una corretta pianificazione, ma esiste una regola generale che la leadership deve seguire: il tempo impiegato per impostare il futuro deve essere di gran lunga superiore al tempo impiegato per l'agire quotidiano.
In generale i collaboratori cercano di scaricare i problemi, che incontrano nel corso delle attività aziendali, sul leader. Questi può assumere due tipi di atteggiamento, quello reattivo, e cioè assumere su di sé la responsabilità di trovare la soluzione. Così facendo egli si fa imbozzolare nel quotidiano, perde il vantaggio di poter godere di un ambito decisionale autonomo e, necessariamente, avrà sempre meno tempo da dedicare a se stesso e alla programmazione del futuro.
Il secondo atteggiamento è quello pro-attivo, che lo porta alla difesa della propria autodeterminazione. Nel primo caso il rapporto tra collaboratore e leader prevede un input, la presentazione del problema e un output, la soluzione; nel secondo caso un input, la presentazione del problema, un feedback tra il leader e il collaboratore, e infine un output; l'abilità nel gestire il feedback consente al leader di migliorare il rapporto con il collaboratore e difendere il proprio ambito decisionale.
Contestualmente la leadership dovrà preoccuparsi che i propri collaboratori godano di una buona armonia tra il mondo interiore e quello esterno; questo obiettivo è conseguibile facendo sì che i collaboratori trovino una convergenza tra i propri valori personali e quelli dell'impresa.
La leadership dovrà quindi costruire una cultura d'impresa progettata su valori; se si vuole ottenere quella convergenza il percorso è lungo e difficile, ma al termine di quel percorso l'impresa avrà acquistato "un'anima" e conseguito un comune sentire tra tutti i membri dell'organizzazione. Nella formulazione della vision e della mission aziendale l'impresa eccellente dovrà quindi lavorare sulla base di valori condivisibili non solo da tutti i collaboratori, ma anche da tutti gli stakeholder; il processo dovrà quindi essere condotto seguendo il circolo virtuoso top-down/botton-up/top-down.
6.17 Considerazioni conclusive sulla leadership
L'analisi svolta in questo capitolo sulla leadership imprenditoriale e sui compiti che su di essa incombono può essere considerata un percorso logico e organizzativo valido per specifiche situazioni, ma non per tutte. Ad excludendum ritengo che comportamenti e compiti della leadership di una grande impresa che opera nel settore dei beni di largo consumo o dei beni di consumo durevole debbano, in parte, seguire altri percorsi; non è pensabile per essa, ad esempio, un rapporto molto contiguo con gli stakeholder.
Come detto all'inizio del capitolo il percorso da me suggerito per la leadership di un'impresa eccellente è il risultato dell'osservazione dei comportamenti di imprenditori di Pmi e, quindi, principalmente a costoro sono indirizzate queste indicazioni, come pure alla leadership di grandi imprese che operino nel settore del business to business e non nel business to customer; comunque la lettura di questo "percorso di comportamenti" è suggerito anche a quel folto gruppo di manager che vogliono imprimere alla propria vita professionale un vero e proprio breakthrough.
Eugenio Caruso
Tratto da L'eccellenza nelle imprese
6) Detto asiatico
Tratto da Eugenio Caruso, L'eccellenza nelle imprese, Franco Angeli, 2000
http://www.francoangeli.it