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Impresa moderna

La semplicità è alla base della bellezza.

Balla



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Negli ultimi anni il sistema produttivo mondiale sta affrontando i marosi di un vero e proprio rivolgimento che va sotto il nome di new-economy.
Assistiamo, come afferma Luttwak, a un'accelerazione degli avvenimenti, mai vista prima, tutto è fluido, i cambiamenti avvengono in modo così repentino da imporre l'assioma che le imprese, per sopravvivere, altroché essere veloci e flessibili, devono interpretare il cambiamento (Drucker, 2000) come un fatto fisiologico, incorporato nel proprio dna (1).

Il mercato non risponde più ai principi cartesiani di causa-effetto, ma pone in essere comportamenti, spesso imprevedibili, sempre più creativi e slegati da modelli, a volte, paradossali. L'esercizio della previsione è sempre più complesso, poiché cerca ordine e continuità in sistemi che diventano sempre più caotici e non lineari.

Un fatto è certo: tutto il sistema produttivo sta subendo trasformazioni che impongono all'economia nuovi paradigmi. Chi insiste nel decantare la old-economy, intendendo quelle imprese gestite sulla base dei paradigmi degli anni novanta non ha compreso che quell'economia, quel modo di gestire, valido fino a ieri, non esiste più e che, ancora una volta, le leggi del mercato hanno avuto il sopravvento.

Per capire cosa realmente sia questo mondo della nuova economia, forse, più che porre l'attenzione sui grandi gruppi, giova osservare come le piccole e medie imprese più avanzate siano protagoniste di una rivoluzione che vede, sia l'introduzione dell'information technology nella progettazione, nei processi produttivi, nella gestione, sia una marcata attenzione all'innovazione tecnologica.

L'innovazione tecnologica e gestionale, l'information and communication technology e la creatività hanno dato ai nostri imprenditori quel plus che consente ad una miriade di piccole, medie e grandi (poche) imprese di battere la concorrenza.
Un altro elemento che mostra quanto questa nuova economia sia lontana da quella di qualche anno fa è l'analisi del mondo del lavoro nel quale è cresciuta enormemente la dimensione individuale. In Italia vi sono cinque milioni di piccole imprese, circa cinque milioni e mezzo di lavoratori indipendenti, quasi quattro milioni di professionisti, contro meno di dieci milioni di lavoratori dipendenti dalle grandi organizzazioni.

Il rapporto individuale con il lavoro ha portato alla valorizzazione delle doti personali, dello spirito d'impresa e della sfida, dell'orgoglio della propria utilità sociale, della responsabilizzazione, elementi che hanno, coerentemente, creato anche una maggiore soggettività nella vita extra-lavorativa degli individui; non è stato rivoluzionato solo il mondo del lavoro, ma anche il contesto sociale con il quale il lavoratore interagisce.

La rivoluzione succitata è caratterizzata da una serie di elementi distintivi, che non possono non rientrare in un concetto di nuova economia. Ieri l'azienda era focalizzata su aspetti tangibili o misurabili (strutture, impianti, materie prime, lavoro, capitale, bilanci), oggi sono gli aspetti intangibili che dettano le regole della competitività (leadership, immagine, informazione, conoscenza, vision, sfida). I manager devono fronteggiare situazioni contraddittorie e dilemmi (semplice-complesso, stabile-instabile, centralizzato-decentrato, competizione-cooperazione, ordine-disordine, velocità decisionale-condivisione, comando-leadership), ma, spesso, sono impreparati a fondere gli opposti, ad affrontare il paradosso, a misurare l'immisurabile e per loro si preannunciano difficoltà e crisi da demansionamento (2).
Ciò non significa che le imprese non vogliano cambiare, esse, infatti, hanno sperimentato vari modelli organizzativi, come l'activity based management (gestione basata sul management by processes), il total quality management (gestine incentrata sulla qualità totale), con le sue varie modalità operative, il business process reengineering (la riprogettazione radicale dei processi, allo scopo di ottenere drastici miglioramenti di prestazioni, costi, qualità, servizio, velocità), l'outsourcing (esternalizzazione di parte delle attività esterne al core business), il downsizing (da grande farsi piccola), la lean organization (struttura organizzativa caratterizzata da 4 criteri fondamentali: la riduzione dei livelli gerarchici, la semplificazione delle procedure, la riduzione del frazionamento orizzontale, l’ampliamento dei ruoli), il pdca (elaborato dal prof. Deming, il ciclo pdca è uno strumento per il miglioramento dei processi e delle performance aziendali. Il pdca si realizza attraverso un circolo virtuoso costituito da 4 fasi: plan, do, check, act).
Si potrebbe affermare che le aziende, specie la grandi, sono state investite da ondate di proposte d'innovazione delle loro strutture organizzative; spesso i risultati sono stati modesti e si sono tradotti, sostanzialmente, in drastici tagli nel costo del personale, nell'applicazione del buon senso e nel superamento delle logiche burocratiche e gerarchico-funzionali.
 
Ma ora, la nuova economia richiede alle imprese, sia un salto rispetto alla tradizione deterministica, sia l'abbandono di regole e paradigmi che sono ancora alla base della vecchia cultura.

Paradossalmente, alla complessità, alla fluidità e alla non linearità della nuova economia non è possibile rispondere con modelli complessi, con ristrutturazioni onerose e con una continua perdita di risorse, ma, viceversa, con una semplificazione dei modelli di gestione e con la focalizzazione su alcuni principi guida.
E' essenziale rammentare che la piccola e media impresa, nerbo e cerniera del sistema produttivo non ha, quasi mai, seguito le mode delle riorganizzazioni, eppure i risultati parlano di un loro discreto, ma continuo successo. Allora, forse, anche la grande impresa deve entrare nell'ottica della Pmi e adottare i semplici principi guida illustrati in questo articolo.
   
Giova sottolineare che alla complessità non si può rispondere con i grandi piani strategici, con le continue ristrutturazioni, ma seguendo i principi di gestione della piccola e media impresa:

  • scegliere le priorità,
  • concentrarsi su di esse, delegando il resto,
  • decidere le modalità operative,
  • mobilitare le persone che servono,
  • cercare i risultati nel breve.

 
Questa nuova economia, caratterizzata dalla transizione da modelli fondati su dati e informazioni a modelli basati sulla conoscenza ha imposto, conseguentemente, una revisione di alcuni processi organizzativi, primo tra tutti, la comunicazione, condizione irrinunciabile per tradurre in pratica le strategie di business.
Il processo di comunicazione deve articolarsi in due fasi: il concepimento del dettato strategico (vision, mission, sistema dei valori, definizione del business) e la condivisione di tale dettato tra tutti gli stakeholders, in modo che, in un circolo virtuoso, si ottenga la convergenza tra il progetto d'impresa e il progetto di vita dei singoli individui.

Un altro carattere distintivo della nuova economia è il cambiamento, non le piccole modifiche incrementali alle quali eravamo abituati, ma veri e propri salti di qualità; per gestire questi salti occorre la leadership, che alcuni ancora confondono con il management (3). Più marcato è il cambiamento, più forte è la domanda di leadership della quale questa nuova economia è in forte debito per uno sviluppo più organico ed efficiente.
Purtroppo, in generale, le imprese invece di aiutare i dipendenti a sviluppare il loro talento, a prendere iniziative, a responsabilizzarsi, a imparare da errori e successi, spesso, ignorano il potenziale dei collaboratori cosicché il deficit di leadership resta una carenza grave del nuovo sistema economico e l'ostacolo maggiore per l'evoluzione delle imprese. Le aziende che hanno metabolizzato, più delle altre, la dote della pro-attività hanno compreso che per acquisire la capacità di valorizzare il potenziale delle risorse umane, per ridurre il deficit di leadership, per gestire il cambiamento come opportunità e non come accidente, è necessario imboccare la strada dell'eccellenza.

Peraltro si può affermare che il modello di impresa eccellente lo si incontra, quotidianamente, quando si analizzano imprese, specie piccole e medie, che hanno acquisito una posizione di leadership nel loro segmento di mercato.
Ciò significa che l'eccellenza è la condizione per acquisire una leadership di mercato, ma acquisire una leadership sta diventando una condizione di sopravvivenza, cosicché, in un circolo virtuoso l'eccellenza produce la leadership, che, a sua volta, è alla base della "vitalità" dell'impresa.

Tra le varie tappe del processo evolutivo dell'impresa, non vanno trascurati, infine,  l'ampliarsi dei confini e l'abbattimento di barriere.

  • Negli anni '50 l'impresa operava fondamentalmente con produzioni nazionali sul mercato nazionale.
  • Gli anni '60 sono stati caratterizzati da produzioni nazionali e mercati internazionali.
  • Gli anni '70 hanno visto l'imporsi delle multinazionali che operavano, prevalentemente, con produzioni nazionali per i mercati nazionali.
  • Gli anni '80 e '90 sono stati caratterizzati da produzioni internazionali per mercati internazionali.
  • Il 2000, con l'abbattimento delle barriere temporali e spaziali realizzato nella società dell'information technology, impone al mercato l'instaurarsi di nuovi paradigmi e cioè diventare più globali e nello stesso tempo più locali, applicando cioè la "glocalizzazione".

Va sottolineato, inoltre, che nei tempi passati i cambiamenti erano lenti; il futuro si collegava al passato e gli spostamenti dei paradigmi economici erano impercettibili. Con il passare del tempo i "cicli economici" si sono contratti e il passaggio da un ciclo all'altro è avvenuto sempre più rapidamente. L'agricoltura (1) ha avuto la durata di millenni, l'industria di secoli (2) l'economia dei servizi del mezzo secolo (3), l'economia dell'informazione dei venti anni (4), l'economia della conoscenza (5) è l'oggi. L'allocazione del capitale a uso produttivo e il lavoro, che sono stati gli assi portanti delle teorie economiche dei secoli XIX e XX, siano esse la teoria classica, quella marxista, quella keynesiana o quella neo-classica, non sono più le principali attività creatrici di ricchezza. La ricchezza viene prodotta con gli asset immateriali.

1. Come nasce la Pmi

La piccola e media impresa, generalmente, nasce come impresa satellite della grande impresa, ha due obiettivi inderogabili: rispettare in modo rigoroso le specifiche della industria committente e mantenere bassi i costi di produzione. Gli obiettivi sono realizzati con l'assunzione di personale di basso livello, con condizioni di lavoro che, spesso, non tengono conto della salute e della sicurezza del lavoratore, con un sindacato latitante. Gli operai della grande industria, garantiti dal sindacato, inconsapevolmente, scaricano i costi delle proprie "conquiste" sugli operai dell'indotto. L'imprenditore è spesso un ex-operaio che ha iniziato a lavorare a cottimo in un box o in una cantina.

Questa condizione imprenditoriale inizia ad essere messa in discussione, dai primi anni ottanta, da una serie di condizioni.

  • La grande impresa pretende che i fornitori si adeguino ai propri standard operativi, innanzitutto attraverso le certificazioni ISO.
  • L'impresa committente si rende conto che è più economico far crescere culturalmente i propri fornitori. In tal modo diventa possibile commissionare non la realizzazione di un componente su specifiche tecniche studiate al proprio interno, ma la progettazione e la realizzazione di una "funzione". Non si cerca più un semplice sub-fornitore ma si cerca di costruire una partnership.
  • La Pmi si accorge che la conoscenza ripaga molto di più della semplice esecuzione.
  • Tutte le aziende sono costrette ad adeguarsi alle direttive dell'Ue, che gradatamente, diventano leggi nazionali.

Nel loro insieme, quindi, la grande come la piccola e media impresa tendono a ispirarsi a sistemi organizzativi sempre meno rigidi, più organici, più vitali e in continua evoluzione.
Le imprese, che fondavano i rapporti aziendali sull'autorità e l'operatività sull'affidamento di compiti operativi ben precisi, non favorivano la piena valorizzazione delle risorse umane. Infatti la focalizzazione sul compito di ciascun lavoratore o di ciascun fornitore inibiva la presa di coscienza di essere attori di un sistema alla cui crescita ciascuno poteva dare un contributo e riduceva il senso di appartenenza.
Peraltro l'adozione della gestione per processi fa sì che tutti gli stakeholder si muovano in modo coerente verso un obiettivo comune, l'organizzazione viene vista come un insieme di risorse che agiscono e interagiscono al fine di creare valore.
Sembra giusto ricordare che questa trasformazione nel rapporto tra grande industria e fornitore viene applicata, per la prima volta, estensivamente, dalla Toyota che, per realizzare il modello organizzativo del just in time (4), ha bisogno di trasformare in partner imprenditoriali super specializzati la galassia dei subfornitori che circondano la sua fabbrica automobilistica.

Questa nuova condizione della piccola e media impresa, in Italia, innesca un meccanismo virtuoso; mette in gioco la creatività dei nostri imprenditori che, operando nel segmento o nella nicchia di mercato, attribuitagli, inizialmente, dalla grande impresa fornitrice,  ne diventano i protagonisti. La possibilità di operare in un ambito nel quale sono diventati specialisti innesca una reazione a catena positiva che li porta a superare, in quell'ambito, lo stesso committente e a proporsi sul mercato mondiale.

D'altra parte, come si è già detto, alla fine degli anni '90, gli scenari economici e sociali sono caratterizzati da un elevato grado di complessità derivante dai cambiamenti in atto, che il sistema imprenditoriale, spesso, non è in grado di metabolizzare con la velocità con la quale i cambiamenti si verificano.
Il sistema delle imprese deve affrontare, pertanto, uno scenario articolato, come quello indicato nel riquadro, che le costringe ad una continua reinvenzione della propria mission e quindi della propria operatività.

 

Complessità economica

  • Multi-polarismo
  • Ridondanza dell'offerta rispetto alla domanda
  • Aumento del costo delle materie prime.
  • Aumento del costo dei trasporti
  • Bassa crescita economica
  • Avvio della produzione di massa nei Nic*
  • Globalizzazione
  • Introduzione del commercio elettronico
  • Sviluppi di settori con traiettorie imprevedibili
  • Brevità del ciclo di vita dei prodotti

* Nic - Newly industrialized country

Complessità tecnologica

  • Intersettorialità delle tecnologie
  • Velocità di inserimento di nuove tecnologie
  • Formazione di grappoli di tecnologie

Complessità psico-sociali

  • Nascita del prosumer
  • Elevata segmentazione del mercato
  • Volatilità dei bisogni
  • Incidenza dei media

L'impresa, specie la piccola e media, deve adattarsi alle mutate condizioni dell'ambiente esterno e orientarsi, più o meno consapevolmente, verso modelli che consentano di affrontare, più efficacemente, le complessità succitate dello scenario economico.
Queste premesse ci conducono a definire un "modello di impresa moderna" che si adatti particolarmente alla Pmi; in letteratura, questo modello viene chiamato in modi diversi.

  • Impresa virtuale.
  • Impresa aperta.
  • Sistema olonico.
  • Hollow enterprise (5).
  • Impresa a rete.
  • Impresa snella.

Modi diversi per definire, sostanzialmente, un'impresa caratterizzata da un'organizzazione reticolare di soggetti (gli stakeholders) che hanno l'obiettivo comune della creazione del valore.
L'impresa, che ha raggiunto l'eccellenza nel proprio settore, ha bisogno di stabilire vincoli stabili con una serie di interlocutori che siano in grado di condividere la finalità dell'eccellenza al fine di sollevare barriere all'ingresso di potenziali concorrenti, grazie al vantaggio competitivo della leadership.

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